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Teramo, l’analisi del presidente Di Antonio: “Siamo partiti da zero. Vincere, ma serve equilibrio”

TERAMO – La chiave per il successo. Chissà se esiste davvero. Di certo Filippo Di Antonio nella sua vita sportiva è riuscito a trovarla. Il presidente del Teramo si gode il primato in classifica dei biancorossi. Lui che ha rilevato la società in estate. Ed ha riconfermato due uomini come Marco Pomante e Paolo D’Ercole, protagonisti della promozione dello scorso anno. E che anche in questa stagione stanno ripagando la fiducia. Del resto Di Antonio ha una sorta di sesto senso nel saper scegliere i suoi compagni di avventura. Oltre al calcio opera nel settore delle costruzioni. E dal 2018 è diventato anche editore di “Super j”, emittente televisiva abruzzese. Nel calcio può vantare un trascorso importante al timone della Torrese e di altre società dilettantistiche del territorio teramano. Prima di fare il grande salto, rilevando il Teramo. Di Antonio ha voluto raccontare la sua storia pubblicando nel mese di novembre un libro, dal titolo molto evocativo: “È successo”. Alla base della sua carriera ci sono i valori della famiglia. Il resto lo fa la determinazione. La voglia di arrivare in alto. Ma come ci ha svelato lui, anche iniziare la giornata svegliandosi prestissimo…

Teramo lanciatissimo al primo posto nel campionato di Eccellenza. Una squadra costruita per vincere

“Il Teramo deve fare il Teramo, lo abbiamo detto sin dal primo giorno. Deve competere e vincere in questo campionato, ma c’è bisogno della concretezza del campo. Le chiacchiere stanno a zero. Siamo stati bravi a creare qualcosa da zero. Il Giulianova è partito più avvantaggiato perché faceva questo campionato già da due anni. La volontà era di fare bene e puntare a vincere”.

Il primo passo da parte sua è stata la riconferma di Pomante alla guida tecnica e del direttore sportivo Paolo D’Ercole. Una scelta che si sta rivelando azzeccata…

“Sì, diciamo che li conoscevo entrambi. Il nostro incontro non durò più di trenta secondi. Abbiamo ragionato su aspetti di natura non calcistica, su principi organizzativi, aspetti societari importantissimi. C’è stata una piena sintonia. Ma anche con il direttore generale Antonio Paoluzzi, che non aveva mai ricoperto questo ruolo. Avevo bisogno di gente disposta al sacrificio. All’inizio abbiamo buttato delle basi, non c’era nulla. Non avevamo nemmeno una sede. Poi abbiamo aperto la nostra sede in centro. Abbiamo recuperato tre-quattro anni in quattro-cinque mesi. Tutte le altre società hanno almeno dieci anni di esperienza. Hanno delle certezze, un’organizzazione. Il Teramo è partito con me a giugno e ringrazio tutti perché da solo non avrei potuto fare nulla. Ci siamo accorciati le maniche. Abbiamo iniziato con il settore giovanile. Questo per noi è l’anno zero, stiamo facendo le prove”.

Per lei prima del Teramo un’esperienza importante al timone della Torrese. Quanto è stata utile quella parentesi per capire le dinamiche del calcio?

“Prima ancora ho avuto la Virtus Teramo, poi ho portato il titolo a Nereto. E quello stesso titolo lo prese Mucciconi e lo portò a Giulianova. Sono state esperienze importanti. Anche quella che feci a San Nicoló. È dal 2009 che faccio il presidente di squadre di calcio. Sono partito dalla Terza categoria. Io punto molto sulla sostenibilità del progetto. Da quando ho iniziato ad oggi, l’unico che è rimasto nel calcio è Salvatore Di Giovanni. Tante volte si è animati solo dalla vittoria. Con me in quindici anni i rimborsi sono sempre stati puntuali. I giocatori che oggi sono venuti è perché sanno che possono fidarsi”.

Da cosa è nata poi la decisione di rilevare il Teramo?

“All’inizio volevo soltanto dare un contributo al Teramo. Poi mi sono trovato i vecchi soci che mi hanno tirato dentro per l’esperienza e la capacità dimostrata a questo livello. Mi ci sono ritrovato. Io sono onorato di questo incarico. È un onere e un onore”.

Teramo è una piazza abituata ad altri palcoscenici. Una categoria come l’Eccellenza sta stretta ai tifosi. Immagino che non vogliate di certo fermarvi qui…

“C’è la volontà di fare bene, con impegno totale per il raggiungimento di tutti gli obiettivi. Però dobbiamo fare cose sostenibili con persone qualificate. Teramo puó aspirare a fare categorie superiori. Noi proveremo a fare il possibile, ma non l’impossibile. Vogliamo creare un equilibrio. Bisogna crescere con le figure giuste. I tifosi meritano rispetto, ma tenendo in mente che questa cosa deve durare nel tempo. Questo anche nelle mie altre attività. Oggi nella mia emittente siamo arrivati ad avere 35 dipendenti”.

Ha pubblicato un libro intitolato “È successo”. Qual è il segreto del successo di Filippo Di Antonio?

“È successo significa che è accaduto. Rappresenta quello che mi è accaduto nella vita. Racconto uno spaccato della mia vita. Nel 2003 mi sono ritrovato senza posto di lavoro. Da lì è iniziato un nuovo Filippo. Sono partito da zero. Ho creato una serie di attività che mi sono studiato e ho programmato. Ho voluto dare questa testimonianza a chi si presenta alle stesse condizioni. È una motivazione per i più giovani a credere nelle proprie capacità. L’ambizione ti fa vivere una vita più bella, scalare posizioni migliori. Significa avere sempre degli obiettivi”.

Nel testo lei parla di determinazione e perseveranza come caratteristiche fondamentali. Ma in cima a tutto ci sono valori come la famiglia e l’amore per il suo territorio. Quali sono le vere priorità nella sua vita?

“La famiglia. Ma questo concetto di famiglia si estende al mondo lavorativo. Cerco di riproporlo in questo ambito, con l’umanità tra le persone. In tutta Italia dico con orgoglio che sono di Teramo. Far crescere il territorio è una ricchezza per tutti quanti. Poi tutti ritornano alle proprie origini. È qualcosa di naturale voler bene al territorio”.

Chi la conosce bene dice che lei è un convinto mattiniero…

“Tutte le mattine mi alzo alle 3:30. E così mi sono creato un segmento di persone che si alzano a quell’ora. Io approfitto delle ore mattutine per viaggiare. Così se devo andare a Milano arrivo alle 8 e ho tutta la giornata davanti”.

Lei è un costruttore, un editore di un’emittente regionale e un presidente di una squadra di calcio. Come riesce a conciliare tutti questi interessi?

“Perché alla fine hanno lo stesso unico denominatore, un programma, un progetto. E collaboratori validi. Sono animato da tanta passione. C’è tanto lavoro da fare. Nei meccanismi ci sono tanti punti scoperti. E devo fare sì che tutto vada bene con la programmazione. La mia giornata è impegnativa e devo dedicare anche del tempo alla mia famiglia. Ringrazio chi sta vicino a me”.

Daniele Rossi

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Castelnuovo un punto di penalizzazione.
Vastese due punti di penalizzazione.
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