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Tiziano De Patre e la sua serie A: “All’epoca in Italia c’era il calcio migliore al mondo. Ventura è stato un innovatore…”

NOTARESCO – Una carriera vissuta sempre a grandi livelli. Che lo ha portato fino alla serie A. Tiziano De Patre ha vissuto da protagonista il grande calcio. Soprattutto a Cagliari. Con Gian Piero Ventura ha centrato la promozione in A nel ‘98. E la salvezza l’anno successivo. Insieme a giocatori del calibro di Fabian O’Neill, Roberto Muzzi e Dario Silva tanto per intenderci. Per lui oltre a quella di Cagliari ci sono state anche altre due promozioni dalla C alla A con il Lecce. Nel 2003 altra promozione in A con l’Ancona. L’esordio nella massima serie con la maglia dell’Atalanta nella stagione ‘88-‘89. Ma De Patre è molto legato anche al Giulianova. La squadra dove è cresciuto, partendo dal settore giovanile. E dove ha chiuso la sua carriera da calciatore. Tornando all’attualità, adesso De Patre ricopre il ruolo di osservatore del settore giovanile per il Sassuolo, all’interno dell’area scouting. Per lui ultima esperienza da allenatore nel Notaresco, la squadra del suo paese. Ma in panchina è stato anche a Chieti. Anno 2012-2013, quando nel campionato di Seconda divisione di Lega Pro centró il quarto posto in campionato con i neroverdi. Quella stagione poi terminó con l’eliminazione nei playoff. Da giocatore è stato uno di quelli che sapeva abbinare quantità e qualità a centrocampo. Del resto la serie A di quegli anni era il campionato più bello e prestigioso. In mezzo a tanti campioni come Ronaldo, Baggio, Shevchenko, Zidane, Totti, Del Piero. E prima ancora con Maradona, Van Basten e Gullit. Quanto basta per capire di essere arrivato in alto.

L’esordio in serie A con la maglia dell’Atalanta nella stagione ‘88-‘89. Cosa hai provato in quel momento?

“Sono state emozioni forti. Anche perché giocai titolare all’esordio e al 17’ feci anche gol. È stato qualcosa di grande. Ancora oggi il ricordo è vivo”.

Gli anni più belli della tua carriera li hai vissuti a Cagliari. Prima la promozione in A nel ‘98, poi salvezza l’anno successivo nel massimo campionato…

“Sì, ma anche gli anni di Bergamo sono stati formativi per me. All’epoca giocai in Coppa Uefa e nella nazionale under 21. Anche a Lecce ho vinto due campionati. Poi a Venezia dove ci salvammo e feci anche gol l’ultima giornata. Ho tanti ricordi che fanno parte del mio bagaglio. Cagliari è stato un posto dove mi sono trovato bene a vivere con la mia famiglia. Ma anche calcisticamente sono state belle annate. Sia in B che in A erano degli organici con giocatori forti. Muzzi, Dario Silva, Fabian O’Neill, che purtroppo è scomparso. Erano giocatori di grande spessore, veramente forti. Chi veniva a giocare al Sant’Elia faceva fatica, comprese le grandi squadre. Bisogna dire che la serie A di prima era la Premier di adesso. Non c’è paragone con l’attuale serie A. Quando ero all’Atalanta ho giocato contro Maradona, Van Basten, Gullit. Ho avuto la fortuna di giocare in un campionato top al mondo in quel decennio lì. Era veramente difficile quella serie A”.

Un allenatore come Gian Piero Ventura è stato determinante per te, lo hai avuto sia a Lecce che a Cagliari. Con lui hai condiviso due promozioni in A…

“L’ho avuto quattro anni consecutivi. A Lecce fummo promossi dalla C alla A. E poi dalla B alla A a Cagliari. Sicuramente è stato un allenatore innovativo. Gli piaceva fare il calcio offensivo. Noi giocavamo con la difesa a tre già trent’anni fa, con la costruzione dal basso. Facevano fatica a giocare contro di noi. Poi lui ha avuto l’epilogo amaro in nazionale. Ma come vediamo anche altri tecnici hanno avuto gli stessi problemi con la nazionale di adesso”.

Nel tuo cuore però c’è Giulianova. La squadra dove sei cresciuto nel settore giovanile. E dove hai deciso di chiudere la carriera…

“Sì, assolutamente. Ricordi bellissimi. Da ragazzo sono cresciuto lì. Quel settore giovanile ha vinto diversi titoli. Dalla provincia si andava a giocare lì, ma anche da Pescara. Ho iniziato a giocare con i grandi, anche se ero molto giovane. Un posto fantastico dove ho bellissimi ricordi. Francesco Giorgini a 16 anni e mezzo mi buttò dentro a giocare in prima squadra”.

Nei tuoi anni la serie A era il campionato più bello e competitivo. Cosa vuol dire giocare con così tanti campioni?

“Erano calciatori di grande livello. All’epoca giocai contro il Milan di Sacchi, l’Inter di Trapattoni, che ci eliminó in Coppa Uefa. Noi con l’Atalanta eliminammo la Dimamo Zagabria di Boban e Suker. Ho avuto la fortuna di giocare contro Baggio, Zidane, Ronaldo, Totti. Ricordo anche il Parma, che all’epoca era molto forte. Era il calcio migliore al mondo, con cui ho avuto la fortuna di confrontarmi”.

Tra tutti questi campioni con cui ti sei confrontato, qual è stato il più forte?

“Se devo fare un nome, Maradona. È stato qualcosa di anormale. Era veramente pazzesco per qualità tecniche, fisiche. Ma anche per la coordinazione. Ce ne sono stati veramente tanti quel periodo in Italia”.

Sei stato anche a Pescara in due circostanze diverse. L’ultima nel 2000-2001, annata sfortunata culminata con la retrocessione in C…

“Da abruzzese il sogno era di giocare nel Pescara. Le prime partite che ho visto da bambino insieme a mio padre, le ho viste a Pescara. Ricordo ancora l’esodo dei quarantamila a Bologna. Io da bambino andavo spesso a Pescara. Poi quando ci ho giocato, purtroppo ho avuto diversi problemi fisici e non ho potuto esprimere il calcio migliore”.

Da allenatore sei stato a Chieti, nel 2012-2013 un sogno sfumato ai playoff…

“Abbiamo fatto una cavalcata straordinaria. Era la squadra più giovane della C. Avevamo un budget ristretto, ma con un bel blocco. Ho avuto la fortuna di avere tanti giovani bravi. Quell’anno abbiamo perso contro l’Aquila, che era una corazzata. Chieti è una piazza importante. E spero che possa tornare in C. Anche se oggi vincere in D è diventato sempre più difficile.”

Daniele Rossi

Foto: “Le stelle del calcio giuliese” (Giulianova calcio 1924)

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