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Luciano Campitelli si racconta: “Ho ancora tanta rabbia, ma vorrei tornare nel calcio”

TERAMO – Uno come lui non può proprio stare lontano dal calcio. La voglia di tornare è tanta. Del resto come potrebbe essere altrimenti per Luciano Campitelli. Per tutto quello che gli ha regalato il calcio. E anche per quello che gli è stato tolto. Perché lui vuole riprendersi tutto. Senza mezze misure. Il suo nome resta inevitabilmente legato al Teramo. A quel Teramo che lui era riuscito a portare in alto. Un punto mai toccato nella sua storia. L’apice rappresentato da quella promozione in serie B nel 2015, che fu poi revocata dalla giustizia sportiva. Era il Teramo dei miracoli. Quello di Lapadula e Donnarumma. E con Vincenzo Vivarini in panchina, tanto per intenderci. Un ricordo che brucia ancora. Ma adesso non è più tempo per rivangare il passato. Resta comunque l’immagine di una squadra vincente. Che riuscì a stupire. Una squadra che Campitelli seppe costruire abilmente, affidandosi a Marcello Di Giuseppe. Che quest’anno si è accasato a Pineto, sempre in veste di ds. Ma nonostante quella delusione, c’è voglia di ricominciare.

Quest’anno lei ha seguito da vicino le sorti del Pineto. Che società è quella guidata da Silvio Brocco?

“È una società del presidente al 100%. E che fa parte della sua azienda. Quest’anno secondo me ha fatto un miracolo a salvarsi e ad iniziare una base di giocatori che saranno utili anche il prossimo anno”.

E a Pineto c’è un certo Marcello Di Giuseppe. Un ds che lei conosce meglio di tutti. Insieme avete fatto grandi cose…

“È stato bravo a costruire una squadra per la salvezza. Questo per il primo anno. Per salvarsi e mettere le basi per un futuro ancora migliore”.

Quando si parla di lei, la mente non può che tornare a quel Teramo. Una gioia che poi si trasformó in una grande delusione…

“Ho ancora tanta rabbia e tanta delusione per una vittoria ottenuta sul campo”.

Qual era il segreto del suo Teramo?

“Era una squadra, un gruppo molto coeso. Dove anno dopo anno si è costruito un progetto vincente con la massima pulizia tra di noi. E con l’ambizione di fare ogni anno meglio. Grazie alla bravura di Marcello (Di Giuseppe, ndr), della società e dell’allenatore”.

A proposito di allenatore, per Vincenzo Vivarini l’esperienza nel suo Teramo fu un trampolino di lancio. Lo scorso anno la promozione con il Catanzaro. E quest’anno sta stupendo anche in B…

“Lui come noi è un martello. Adora quello che fa ed è una persona seria. Non sta lì solo per i soldi, ma per il lavoro che lui ama follemente. Quando si ama una cosa i risultati arrivano”.

Dopo la mancata serie B, a Teramo negli anni successivi i risultati non arrivarono. Ha pesato come un macigno quella sentenza…

“Non è che ha pesato, ci ha massacrato. Nel calcio vince chi ha più forza. Noi non ce l’avevamo. Non si è mai ricordato che in due mesi si è fatta una sentenza per distruggere il Teramo. Alla fine non si è concluso più di tanto perché lì non c’era niente da concludere. Nel calcio ci sono tante chiacchiere. A noi le chiacchiere ci hanno portato alla radiazione. Noi con tanti sacrifici siamo tornati in C. La squadra era forte, ma l’ambiente era triturato. Noi saremmo dovuti tornare in D per fare la ricostruzione. Ho sbagliato io per amore verso i miei tifosi”.

A distanza di qualche anno Luciano Campitelli è pronto a tornare nel mondo del calcio da protagonista, magari alla guida di una società?

“In questo momento ho voglia di tornare nel calcio, ma bisogna trovare la piazza giusta per ottenere successi. Altrimenti il calcio è piatto. Io voglio essere coinvolto con i successi”.

Si è parlato spesso di un suo ritorno di fiamma per il Teramo. Cosa c’è di vero?

“Niente. Perché oggi il Teramo ha una sua identità. Mi sarebbe piaciuto stare in questa identità, ma molte volte le mie conoscenze possono dare fastidio. Non tanto a livello di immagine. Spesso non si ha la maturazione giusta. Si dovrebbe creare una società con 4-5 elementi. Meglio di me non lo sa nessuno. Io ero solo. E così è dura. Servono più persone intelligenti capaci di parlare la stessa lingua. E la cosa non sarebbe sbagliata. Le esperienze fanno parte della vita. Tanti presidenti lo capiscono troppo tardi. Io fino ad adesso non mi sono impegnato con nessuna società. Oggi ho la maturazione necessaria per dire sposo un progetto per farlo diventare importante”.

Secondo lei che momento è questo per il calcio abruzzese? Siamo lontani dagli anni in cui trionfava il suo Teramo e anche le altre abruzzesi ottenevano successi…

“Io ho capito una cosa, nel calcio ci sono i cicli. Nel mio periodo c’erano il Pescara e il Lanciano in B. Teramo, Chieti e L’Aquila in serie C. Era l’espressione massima dell’Abruzzo. Da lì tante problematiche. Il fallimento del Lanciano, il Pescara retrocesso. Adesso il Teramo sta risalendo. Anche il Giulianova punta a ritornare in D. Ci sono segnali per ripartire. Per una programmazione che comunque ha più difficoltà. Io mi auguro che il Pescara possa risalire in B. E che Chieti e L’Aquila possano tornare in C. Io penso che nel giro di qualche anno questo si avveri. Ci vogliono imprenditori con la I maiuscola. Perché il calcio assorbe liquidità, tempo. Devi avere pazienza nei momenti difficili. Ci vuole passione. E solo così qualche presidente riuscirà a centrare l’obiettivo”.

Daniele Rossi

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