Gianluca Colonnello si racconta: “Scibilia mi voleva bene. E Carnevale fu come un fratello maggiore. A Lecce ho lasciato il cuore”

PESCARA – È riuscito ad abbattere tutte le frontiere. Perché in fondo il calcio parla una lingua universale. L’ultima avventura di Gianluca Colonnello è quella che lo vede protagonista come responsabile tecnico della Juventus Academy di Abu Dhabi. Ma lui di strada ne è riuscito a fare davvero tanta. Infatti sempre all’estero ha avuto modo di allenare in Grecia. Dove all’Aek Atene è stato il vice di Massimo Carrera. Seguendolo poi al Bari. Ma la svolta nella carriera di Colonnello poteva essere quella sulla panchina del Pisa. Nel 2016 catapultato sulla panchina della prima squadra, collezionó due successi di fila in Coppa Italia ad inizio stagione. Ma complice una situazione societaria difficile, il rapporto si interruppe sul più bello. Le soddisfazioni più grandi però lui se le è tolte certamente da giocatore. Con le esperienze in serie A al Perugia e al Lecce. Anche se uno come lui resta legato alla maglia del Pescara, che ha segnato l’inizio della sua carriera. Tanto girovagare, ma nessun posto è come casa tua. Sì, perché per lui Pescara ha rappresentato davvero una seconda famiglia. Ricordando quegli anni, emerge la figura di Pietro Scibilia e il legame speciale con Andrea Carnevale. A volte i luoghi sono persone. E “Colo” in fondo sapeva farsi voler bene. Ma sapeva soprattutto farsi valere in mezzo al campo. Un pendolino inarrestabile sulla sua corsia di competenza. Che faceva bene entrambe le fasi indistintamente. Per lui, abruzzese di Tollo, già quello rappresentava un grande traguardo. E invece, negli anni successivi, è riuscito ad arrivare ancora più in alto.

Hai da poco intrapreso una nuova avventura con la Juventus Accademy ad Abu Dhabi. Di cosa ti occupi nello specifico?

“Il mio ruolo è di head coach, sono responsabile di tutto, dai programmi di allenamento agli allenatori. E mi interfaccio con i responsabili della Juventus a Torino”.

Il futuro del calcio secondo te è negli Emirati Arabi?

“Il futuro del calcio non sono solo gli Emirati, è il calcio stesso. Il Quatar ha dimostrato di saperci fare con il mondiale. L’arrivo di Ronaldo ha aperto le porte ai grossi campioni”.

Nell’agosto 2016 quella che poteva essere la svolta nella tua carriera da allenatore. Alla guida della prima squadra del Pisa ottieni due vittorie in Coppa Italia, dopo le dimissioni di Gennaro Gattuso. Poi però la società, in grossa difficoltà, scelse di non tenerti. Quanto ci speravi in una tua conferma alla guida tecnica?

“Sono ormai da 28 anni nel calcio. Quando sei da così tanto tempo in questo mondo conosci tutte le dinamiche. Ho fatto il mio dovere entrando nella storia del Pisa. Infatti sono uno dei quattro tecnici in assoluto ad essere arrivato al quarto turno di Coppa Italia. C’erano situazioni non buone. Ma la società mi aveva accordato la fiducia per tutto l’anno. Spesso c’è bisogno di fortuna, ma io non ho rimpianti”.

All’inizio della tua carriera hai vestito la maglia del Pescara. Hai fatto parte del Pescara di Delio Rossi. Da quella squadra si poteva ottenere qualcosa di più?

“Sì, una delle più belle annate del Pescara. Eravamo un’ottima formazione. A gennaio ci furono partite non buone con un calo a livello fisico. Non avevamo ricambi. Ma nelle ultime due giornate vincemmo con Lecce e Salernitana. Avevamo bisogno di un attaccante, con due giocatori a gennaio potevamo salire in serie A”.

Hai giocato a Pescara nell’era Scibillia. Per te è stata una tappa importante della tua carriera…

“Pescara è casa mia. Sono molto legato alla città. Del resto rappresenta anche la mia terra. A Pescara i tifosi sono unici, mi hanno sempre aiutato. Mi sento come in famiglia. All’epoca il presidente Scibilia e Di Persio mi volevano molto bene. Si fermavano sempre con me dopo la partita e mi facevano i complimenti. Scibilia mi trattava come un figlio. Io avevo solo 22 anni. Il Pescara mi acquistò per pochissimo e mi rivendette per 2,5 miliardi di lire”.

Poi la serie A con Perugia e Lecce, senza dubbio gli anni più belli della tua carriera. Quella era una serie A piena di grandi campioni, con cui hai avuto la fortuna di poter giocare…

“La serie A di prima era la Premier League di oggi. Tutti i campioni venivano a giocare in Italia: Ronaldo, Batistuta, Del Piero, Totti. La mia fortuna più grande è quella di essere riuscito a giocare contro Baresi, che nel mio immaginario era un’icona. Nel ‘95 in Coppa Italia con il Pescara incontrammo il Milan”.

A Perugia con Luciano Gaucci presidente centrasti la promozione in A nel ‘98 e la salvezza nella massima serie l’anno successivo. Che squadra era quella?

“Il primo anno di B cambiammo quattro allenatori. Castagner ci accompagnó in serie A. Ho avuto un rapporto stupendo con lui. Il migliore per me, soprattutto per tutto l’affetto che mi ha dato. Anche Bigon aveva fatto un buon lavoro. Mi chiamó per andare all’Olympiakos, ma per vicende societarie non andai. Avrei potuto giocare in Champion’s League. Ricordo la finale play-off vinta ai rigori contro il Torino a Reggio Emilia. Ai calci di rigore feci gol anche io. In A riuscimmo a fare un’ottima annata. Ci salvammo nel ‘99, nonostante la sconfitta contro il Milan. Che è rimasta celebre perché i rossoneri vinsero lo scudetto. Sono ancora oggi molto legato a Perugia”.

Altra esperienza sempre in A a Lecce, dove c’era un grande gruppo con Lucarelli, Conticchio, Viali, Balleri, Chimenti. Anche lì ti sei tolto tante soddisfazioni: due salvezze in A con Cavasin e poi la promozione dalla B alla A con Delio Rossi…

“Con il Lecce riuscimmo a fare tre anni consecutivi di serie A. Ci era riuscito solo Mazzone. A Lecce fu un’esperienza fantastica. Volevo chiudere la carriera lì, ma non è stato possibile. Ci ho lasciato il cuore. Mi sento ancora con Cristiano Lucarelli, Conticchio è come un fratello per me. Mi vedo anche con il figlio di Semeraro, il padre all’epoca era il proprietario della società. Ricordiamo sempre quegli anni belli. Anche d’estate vado a Porto Cesareo da Gigi, al suo lido. Per me è sempre un fratello e da lui abbiamo festeggiato le salvezze sulla sua spiaggia. Quando ci vediamo è sempre bello. Abbiamo mantenuto il legame con il Salento. I tifosi del Lecce sono meravigliosi”.

Adesso che sei diventato allenatore, da quale tecnico hai appreso i maggiori insegnamenti?

“Da tutti. Ne ho avuto davvero tanti che sono molto bravi. Poi io ho una mia idea di calcio. Ma tra tutti dico Castagner, che sapeva gestire bene le situazioni, l’empatia e i rapporti. È proprio questo che ti porta sempre dei risultati. Poi devo molto anche a Tonino Luzii. Lui mi ha allenato in primavera e in prima squadra. A livello calcistico lui mi ha cambiato ruolo. A Francavilla ho giocato mediano sinistro, poi attaccante centrale. Quando passai in prima squadra vide la mia falcata e mi fece giocare esterno. Calcisticamente pretendeva molto da me. Io andai con lui a provare con il Torino. Anche Antonio Conte per me rappresenta un modello. Sono stato con lui a Siena e l’ho visto lavorare. È un allenatore preparatissimo e meticoloso”.

Dei compagni di squadra che hai avuto, a chi sei rimasto maggiormente legato?

“Io avevo un grande legame con Andrea Carnevale ai tempi del Pescara. All’epoca ero giovanissimo . Ricordo che negli allenamenti lui voleva che lo marcassi. Mi insegnó tutti i movimenti del difensore. Grazie a lui ho imparato a marcare. E questo poi mi è stato utile anche in serie A. Io andavo spesso a marcare sui calci d’angolo. Era come se fosse un fratello maggiore per me. Spesso lui mi prendeva e mi portava a mangiare al ristorante. Per me fu un grande salto, sono passato dal Castel di Sangro a giocare con lui. Andrea era un campione. Ricordo la partita Pescara-Foggia della stagione ‘95-‘96. Eravamo sotto per 2-0. Carnevale ci trascinó e alla fine vincemmo 3-2. Ma quella partita in pratica la vinse da solo. Ci frequentavamo anche fuori dal campo. Andavamo anche a casa sua a Monte San Biagio. Mi ha fatto vivere delle esperienze meravigliose. È senza dubbio uno dei giocatori più importanti con cui ho giocato. A Francavilla ho giocato poi con Francesco Palmieri. Che fece una grande carriera soprattutto nel Lecce. Ma giocó anche nella Sampdoria. Lui mi fece crescere soprattutto sotto il profilo della personalità. Io esordii a soli 17 anni, ricordo che mi portava lui con la macchina. Adesso è il responsabile del settore giovanile del Sassuolo”.

Daniele Rossi

Gianluca Colonnello con la maglia del Pescara
Gianluca Colonnello in serie A con il Lecce

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